Il mondo dei contenuti generati dagli utenti, gli UGC
La realtà dei contenuti online è molto più complicata di quanto possa sembrare e Alessandro de Luyk in un capitolo del suo libro “Social Media Marketing” ci aiuta a comprenderne meglio la complessità. L’autore del libro, esperto di marketing, ha cercato di rendere chiare le molteplici differenze che intercorrono tra i vari contenuti creati dagli utenti online, partendo dalle funzione che possono svolgere.
Le principali categorie di contenuti prodotti dagli utenti
Innanzitutto esistono gli UGC: user genereted content, nonché tutti quei contenuti prodotti online frutto di uno sforzo creativo personale, senza finalità di lucro. Spesso però esistono degli incentivi forniti dai driver che ne motivano la produzione tra questi se ne possono individuare tre principali.
- Gli incentivi interni alla piattaforma che riguardano quella spinta alla produzione dei contenuti proposta dal provider, spesso guidata dall’intento della piattaforma di realizzare i propri obiettivi a lungo termine. Facebook, per esempio, ha obiettivi che riguardano la creazione di un nuovo modo di socializzare e per ottenere lo scopo incentiva alla produzione di contenuti per mezzo dei like, che creano sia un modo di comunicare sia uno stimolo a produrre nuovi contenuti.
- Gli incentivi espliciti sono meno “innocenti” rispetto a quelli interni ed incitano gli utenti alla produzione di contenuti tramite la garanzia di ricevere un compenso finanziario. È il caso di Amazon, che incoraggia a recensire i propri prodotti su Vine promettendone un esemplare in cambio.
- Gli incentivi psicologici invece sollecitano in modo platonico alla creazione di UGC, spesso per mano di una community o dei social media stessi. Alcune piattaforme sono infatti studiate per fornire delle gratificazioni morali che incentivino gli utenti alla continua produzione di contenuti. Tripadvisor premia i recensori più assidui, inducendo una ricompensa psicologia che porterà alla creazione di altre recensioni.
Poi vi sono un secondo tipo di contenuti i CSC, i “Consumer Solicited Content” creati dagli utenti ma fortemente incentivati dalle aziende le quali lanciano una campagna aperta al pubblico con indicazioni sui contenuti che si aspettano di ricevere. I CSC sono in sostanza tutti quei contenuti che rispondono ai lanci partecipativi del tipo “crea l’annuncio di”. Ne è un esempio il caso della campagna Dermablendpro di L’Oréal che invita i propri consumatori a condividere foto su Instagram mostrando i propri make up personali.
Un caso diverso è il terzo dei contenuti incentivati da un compenso economico, gli IUGC. Essi vengono spesso confusi con i contenuti organici, creando un maggiore impatto sul pubblico che non li percepisce come una pura strategia di vendita/marketing. Essi sono spesso contenuti vicini al mondo valoriale del brand che opera nel metterli nuovamente in circolo creando una mimesi con gli UGC puri.
Considerazioni generali legate agli UCG
Nella realtà sempre più digitale in cui viviamo oggigiorno anche le forme pubblicitarie sono cambiate, mentre prima eravamo abituati a percepirla chiaramente per il suo impatto di “interruzione”, oggi l’advertising assume le stesse sembianze del contenuto. La viralità dell’uso di fotocamere non professionali ha aiutato in questo senso, non riuscendo più a distinguere tra realtà e finzione. Nascono da qui i falsi contenuti commissionati: progetti di comunicazione che le aziende affidano ad agenzie specializzate, il cui intento è scatenare l’evento virale.
In un’ottica di “pseudo ingenuità” in cui si muove la maggior parte degli utenti online, i contenuti sembrano spontanei e innocenti spesso trascurando le diverse motivazioni che vi stanno dietro. Il libro di Alessandro de Luyk, nel capitolo sugli UGC, muove un passo verso una maggiore comprensione sulle origini dei contenuti, aiutandoci a capire la malizia che talvolta si aggira per il Web e che spesso non viene percepita. Credere che tutti i contenuti siano spontanei è un errore, così come pensare che tutto sia una finzione. Tramite una maggiore consapevolezza ed alcuni accorgimenti si può imparare a riconoscere le differenze e navigare sulle piattaforme in modo più vigile, per non cadere nell’illusione di un marketing “spontaneo” generato da utenti e aziende.
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